Le Grotte Sommerse di Ustica
Siete mai stati in una grotta? Avete mai sperimentato quella sensazione di mistero e curiosità, di paura e smarrimento, di conforto e sicurezza? Una cavità che si inoltra nelle viscere della terra può sembrare un tunnel oscuro che ci fa venire le vertigini ma anche un riparo caldo quando fuori infuriano vento e pioggia. Ora immaginate di esplorare una cavità completamente sommersa, invasa dall’acqua, nuotarci attraverso, scoprire che organismi vivono all’interno, illuminare le pareti, il fondo, seguire il percorso che porta all’uscita, di nuovo in mare aperto,di nuovo fuori dalla caverna.
A Ustica ci sono più di trenta grotte conosciute, tra emerse e sommerse, di origine vulcanica, che si sono rese accessibili per l’azione erosiva dell’acqua e il sollevamento e l’abbassamento dell’isola nelle diverse ere geologiche. Per fare maggiore chiarezza sull’origine delle grotte sommerse riportiamo le parole del geologo Paolo Colantoni: “L’origine delle grotte costiere di Ustica è di notevole interesse. È molto sorprendente infatti che un’isola interamente vulcanica possa avere cavità così importanti in quanto, come è noto, il mare ha di solito ben scarsa possibilità di scavare grotte e soprattutto in rocce vulcaniche così compatte, ove sono note tutt’al più grotte primarie quali tunnel lavici o cavità di degassazione.” Queste cavità sono generalmente di piccole dimensioni e per lo più inaccessibili; come è possibile dunque che vi siano grotte così ampie e articolate a Ustica? Prima di tutto bisogna considerare l’impastamento delle lave con detriti marini: le lave fuoriuscite dalla frattura sottomarina da cui nasce l’isola si sono mescolate ai sedimenti del fondale marino dando origine a brecce ricche di fossili e carbonati, che sono sedimenti molto solubili, e hanno reso possibile la fessurazione delle rocce. “La presenza di diverse fratture e dislocazioni che hanno accompagnato l’evoluzione dell’apparato vulcanico rappresenta innanzi tutto una premessa indispensabile alla formazione di ogni cavità. La fratturazione della roccia offre infatti via d’attacco all’acqua e alla gravità e accelera i fenomeni di degradazione ed erosione.” Infine: “Le grotte si sono formate in ambiente subaereo e sono state solo successivamente invase dal mare, che non le ha scavate, ma solo modificate allargando le fenditure, svuotandole dai detriti, o provocando crolli per scalzamento al piede.” Questo perché durante le glaciazioni una parte maggiore dell’edificio vulcanico era emersa, a ciò si vanno a sommare eventi di innalzamento e abbassamento dell’edificio stesso dovuti al movimento tettonico delle placche (Africana ed Europea) su cui poggia l’enorme vulcano usticese.
Fatta questa importante premessa vorremmo portarvi a vedere con i nostri occhi alcune tra le più suggestive e conosciute grotte sommerse di Ustica. È importante però ricordare che per esplorare le grotte marine è necessario essere in possesso di alcune importanti certificazioni che preparano il subacqueo ad affrontare l’ambiente oscuro delle cavità.
Una delle certificazioni che si possono acquisire per svolgere le immersioni in grotta è il corso PADI Cavern Diver. La PADI è una didattica riconosciuta in ambito internazionale, riferimento del nostro diving center; il corso Cavern Diver fornisce le conoscenze basiche per l’esplorazione delle grotte sommerse. Durante il corso, che solitamente ha una durata di quattro o cinque giorni, si apprende l’orientamento all’interno di uno spazio chiuso, le tecniche di pinneggiamento anti sospensione ( alcune grotte hanno un fondo sabbioso e una scorretta pinneggiata può far alzare il sedimento sul fondo e diminuire la visibilità), si pianifica insieme all’istruttore l’immersione in grotta, si impara a gestire una corretta respirazione, l’assetto, l’utilizzo dell’attrezzatura specializzata come torce, filo guida, e sistemi di respirazione alternativa come bombole di supporto.
Ci teniamo a precisare che anche conseguendo una qualifica in tal senso, è sempre meglio affidarsi ad un professionista con molta esperienza prima di intraprendere un’immersione in una grotta.
Grotta della Pastizza
A poche centinaia di metri dall’uscita del porto, sulla costa meridionale, si apre una grande cavità emisferica, pale di ficodindia si sporgono verso il mare dalla sommità dell’ampio ingresso, grossi massi di crollo si accavallando tra loro, occupando il fondo della grotta, uno scoglio piramidale fa da guardiano a pochi metri di distanza; è probabile che il toponimo della grotta si riferisca proprio a questo scoglio affiorante ma non si ricorda più il significato preciso. Probabilmente il termine pastizzu stava ad indicare una montagnola o un pasticciotto a forma di montagnetta. La grotta comprende sia porzioni emerse che completamente o parzialmente sommerse; è di notevole grandezza e complessità e penetra per molti metri all’interno della costa. Ai lati del cavernone vi sono due ingressi sottomarini. A destra si apre una grotta ampia, dal fondale ciottoloso frammisto a massi di crollo di varia grandezza; il lato destro riceve luce da aperture che affacciano dentro il cavernone e i raggi solari danzano rimbalzando sulle pareti incrostate di spugne colorate (Agelas oroides, Haliclona mamillata, Petrosia ficiformis, Ircinia oros); la grotta penetra per una cinquantina di metri, risalendo fino a tre metri di profondità, su fondale sempre più fine e in ambiente sempre più oscuro.
In alcuni periodi dell’anno si possono illuminare con le torce miriadi di microscopici crostacei rilucenti e guizzanti (misidiacei). Sui massi e sul fondale è frequente incontrare paguri (Dardanus calidus, D. arrosor), saraghi solitari, vacchette di mare (Peltodoris atromaculata), ricci diadema (Centrostephanus longispinus) e ricci matita (Stylocidaris affinis), stelle marine e spirografi. L’ingresso di sinistra da accesso al ramo nominato da Colantoni “Grotta dell’Accademia” e che comprende una porzione completamente sommersa e un’altra emersa e le cui dimensioni sono quasi doppie rispetto al cavernone della Pastizza. Un lungo tunnel sottomarino penetra per più di ottanta metri quasi parallelamente alla costa.
Grotta della Falconiera
Punta Falconiera rappresenta l’estremità orientale di Ustica. Delimita assieme a punta Omo Morto una cala emisferica che rappresenta l’ultimo centro eruttivo dell’isola. Ai piedi della parete di Capo Falconiera si apre la grotta che prende lo stesso nome. La grande apertura parte dai 18 metri, mentre la base, molto larga, va dai 27 metri fino ai 34 metri e si affaccia su una prateria di posidonia che diradandosi con l’aumentare della profondità lascia spazio al coralligeno. Si tratta di una fessura molto ampia alla base che si restringe gradualmente verso la volta e penetra nella roccia in maniera rettilinea per 28 metri, quindi a destra si apre un’altra fessura più stretta, sulle cui pareti corrono all’impazzata migliaia di gamberi (Plesionika narval) tentando di sfuggire alle fauci delle musdee (Phycis phycis), i loro maggiori predatori.
Tunnel del Medico
Il tunnel, che viene anche chiamato Grotta della Balena perché la forma di una delle due aperture ricorda la bocca del cetaceo, rappresenta uno dei molteplici percorsi subacquei che si possono fare allo Scoglio del Medico. Si sviluppa quasi parallelamente alla parte più occidentale dello scoglio e può essere percorso agilmente nelle due direzioni. L’imboccatura più piccola si trova a 7−8 metri di profondità, nascosta tra i massi e consente il passaggio di un solo subacqueo alla volta; all’interno si ha subito la visuale dell’altro ingresso, molto più ampio e luminoso. Il tunnel è discretamente largo, la volta, alta al centro, va abbassandosi verso le pareti; il fondo è ciottoloso, numerosi i massi di crollo di varie dimensioni, incrostati di spugne gialle (Clathrina clathrus), arancio (Agelas oroides), rosa (Haliclona mamillata). Vi sono due ramificazioni molto strette e poco frequentate a sinistra e a destra del tunnel, una delle quali è stata ribattezzata da Ico Barbato “Tunnel dell’incursore” poiché per penetrarlo è necessario strisciare sui gomiti.
Grotta dei Cirri
Posta al limite della zona di riserva integrale la Secca Delle Piramidi si innalza imponente dal fondale sabbioso e, masso sopra masso, lambisce la costa sotto la torre dello Spalmatore. Al suo interno ospita questa grotta molto particolare; l’esplorazione di Grotta dei Cirri richiede un elevato livello di esperienza. Per accedervi ci sono due ingressi: un tunnel verticale lungo 3−4 metri con forma a “L” posto a 30 metri di profondità e una grande apertura ellittica che si affaccia sul fondale a 45 metri.
Grotta delle Cipree
Deve il nome alla presenza di una notevole quantità di scheletri di ciprea (Luria lurida) che si trovano in una ampia camera a livello del mare. La grotta infatti ha un ingresso sottomarino a 18 metri di profondità che si apre alla base della falesia sud−occidentale; si risale quindi attraverso un tunnel per lo più rettilineo, formato da massi di varie dimensioni, fino a emergere in un corridoio totalmente buio, percorribile con l’acqua alla cintola per una decina di metri, che si apre in una camera rotondeggiante dal cui soffitto, alto 10 metri, pendono le radici degli alberi e piccole stalattiti. Qui il fondale è formato dai resti delle cipree, dei murici (Bolinus brandaris) e da ossi di seppia, che accumulandosi verso il fondo della camera hanno creato una spiaggetta. Viene calcolata come doppia immersione poiché è chiaro che per uscire dalla grotta bisogna ripercorrere il tunnel e uscire a 18 metri.
Grotta dei Gamberi
Tra le immersioni più affascinanti e complesse che si possono fare a Ustica Grotta dei Gamberi occupa sicuramente il primo posto. Si tratta infatti di una immersione profonda in un ambiente poco o per niente luminoso e la penetrazione richiede il controllo perfetto dell’assetto e ridotti consumi di aria, tenendo sempre a mente che la profondità a cui si trova la grotta implica la possibile insorgenza di narcosi da azoto. Consapevoli della difficoltà dell’immersione si può godere uno degli spettacoli più incantevoli che una cavità sommersa possa offrire: un tappeto di gamberi (Plesionika narval) ondeggia sulle pareti e sulla volta della grotta, sui massi e sul fondo, ovunque.
Sarà sicuramente con uno sguardo più critico che la prossima volta entrerete in questi santuari sottomarini, sia per vederli per la prima volta o per l’ennesima. Sarà pensando a quanto i quattro elementi abbiano interagito e lottato per scavare e modellare queste magnifiche grotte. O ammirando più profondamente e con rinnovato interesse tutti gli organismi che vi trovano riparo. Dal nostro canto la sete di esplorazione ci impone di andare a scovare altri tunnel e altre grotte che fino ad ora, per un motivo o per l’altro sono rimaste nascoste o non sono più accessibili.
Sara De Pieri.
Bibliografia
Egidio Trainito, Rossella Baldacconi, Atlante di flora e fauna del Mediterraneo, quinta ediz. Il Castello
Giovanni Mannino, Vito Ailara; Le grotte di Ustica, Le Ossidiane, Centreo e documentazione Isola di Ustica
Annalisa Patania, Tiziana Dieli, Nel mare di Ustica, Villaggio Letterario
Lettera del Centro studi e documentazione dell’isola di Ustica n°38/39, maggio−dicembre 2011
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