Storia del corallo rosso a Ustica

Spesso durante il periodo della stagione subacquea molti visitatori e clienti del diving center mi chiedono se nei fondali di Ustica è presente del corallo rosso “corallium rubrum”.

Ho deciso di scrivere questo articolo prendendo spunto da un articolo di Giuseppe Corriero, professore ordinario di Zoologia e Direttore del dipartimento di biologia marina di Bari, grande amico di Ustica ex direttore dell’area marina protetta, esperto in materia, scritto nel Giugno 2017 per il centro studi e documentazione Isola di Ustica, per la rivista Lettera.

Giuseppe Corriero scrive che la presenza del corallo rosso ad Ustica è ben nota da circa quattro secoli.

I documenti più antichi al riguardo indicano, che nel 1621 equipaggi francesi provenienti da Marsiglia si spostavano navigando nella zona nord occidentale della Sicilia dove, con il supporto di pescatori locali Trapanesi in particolare, praticavano la pesca di questo prezioso gioiello del mare.

Tra le aree di pesca, Ustica, era presente.

Nel 1820 viene pubblicata da W.H. Smith un prezioso documento, una mappa geografica che indicava le zone più prolifere del corallo presso l’Isola.

<< Apollo>>, << The Juno coral bank>> ( Giunone)

<< Diana>> ( Secchitello )

<< Walker Rocks>> ( Secca della Colombara ).

Le testimonianze più recenti raccolte da Giuseppe Corriero, sul corallo rosso Usticese vengono a lui comunicate in forma orale dall’ultimo pescatore di corallo Vincenzo Caminita “U Mancinu” recentemente scomparso.

Vincenzo Caminita leggendario pescatore Usticese amato da tutti, esperto conoscitore del mare di Ustica riporta come veniva pescato da lui e da altri pescatori locali, il corallo rosso ad Ustica.

Tra la fine degli anni 50 e gli anni 60 la pratica della pesca del corallo ad Ustica veniva praticata da pochi pescatori isolani.

Il metodo utilizzato per la pesca del corallo, consisteva nell’utilizzo “ dell’attrezzo ” o barra Trapanese che consiste nell’immergere un palo metallico di circa 2 quintali, lungo circa 8 metri.

Al palo venivano legati spezzoni di rete, per poi essere trainato dall’imbarcazione tramite un cavo d’acciaio alla profondità circa di 120 metri, l’attrezzo spezzava il prezioso materiale che rimaneva impigliato alle reti per poi essere issato a bordo.

Questo antico metodo di pesca al corallo è estremamente distruttivo nei confronti dell’ambiente ed oggi fortunatamente è illegale, e quasi totalmente abbandonata dagli attuali pescatori di corallo.

I siti di maggiore interesse a detta di Caminita erano in prossimità della secca della colombara e una secca fuori il villaggio del pescatori posta a est di Cala Santa Maria, approdo dell’Isola.

In un giorno di pesca si  poteva tirare su una decina di chili di prezioso corallo rosso.

Nonostante le tante immersioni svolte attorno l’Isola personalmente non abbiamo mai individuato una colonia e neanche un piccolo ramo di corallo rosso.

Forse il prezioso oro rosso, come testimoniato da Vincenzo Caminita, ad Ustica si trova a profondità elevate difficili oggi da raggiungere ed individuare. Anche qui infatti la specie, che predilige ambienti poco illuminati e ad elevata sedimentazione, come le avangrotte e il coralligeno profondo, è stata fortemente sfruttata, specialmente nelle zone più facilmente accessibili. La difficoltà di identificare le colonie attualmente viventi è accentuata dal lentissimo tasso di accrescimento    delle stesse, che può variare da 1 a 4 mm all’anno in altezza e da 0,25 a 0,85 mm all’anno di diametro. Sono quindi necessari circa 50 anni perché le colonie raggiungano dimensioni commerciali, mentre la loro longevità può superare i 100 anni.

Jonathan Cecchinel.

Photo Bruno Pitruzzella.

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