La storia del Vermocane, un invasore nativo.

I suoi colori vivaci e brillanti non passano certo inosservati e chi di voi ha avuto la sfortuna di avvicinarsi troppo alle sue bianche setole, a fatica dimenticherà la spiacevole sensazione che infliggono. Stiamo parlando del Vermocane, noto anche come Verme di fuoco, un verme marino, che negli ultimi anni è diventato una presenza costante dei fondali di Ustica.

Cerchiamo di conoscere più da vicino queste specie!

Hermodice carunculata, questo il suo nome scientifico, appartiene al gruppo degli anellidi, ovvero i vermi che comprendono, tra gli altri, i lombrichi dei nostri giardini. In particolare, i vermocani appartengono alla classe dei Policheti. Vivono sui fondali marini, specialmente rocciosi, utilizzando le loro appendici per andare alla ricerca di cibo.

Abitano lungo le zone costiere dell’Oceano Atlantico sia sul lato ovest, dove arrivano anche nel Mar dei Caraibi, che sul versante est dove si spingono fino all’interno del Mediterraneo. Quindi non una specie ignota nel Mare Nostrum. Tuttavia, fino a qualche anno fa, la sua distribuzione si limitava alle regioni più meridionali del Mediterraneo. Negli ultimi anni, la popolazione di Vermocane del Mediterraneo sembra avere, però, iniziato una lenta ma costante risalita verso zone più settentrionali dove si è moltiplicata quasi indisturbata, guadagnandosi l’appellativo di specie invasiva. Siamo soliti associare il termine “invasivo” ad organismi alieni, cioè specie che non sono originarie della zona in cui prendono il sopravvento. Pensate, ad esempio, alla famosa alga killer Caulerpa cylindarcea, arrivata dall’Australia, che in assenza di erbivori che potessero contenerla, è proliferata in maniera incontrollata andando a danneggiare le preziose praterie di Posidonia oceanica.

Hermodice carunculata è, invece, una specie già presente nel Mar Mediterraneo che, per motivi che i ricercatori stanno ancora studiando, ha espanso il proprio areale di distribuzione. Per questo il Vermocane viene definito un invasore nativo. Un invasore molto vorace e opportunista, pronto a mangiare quasi qualsiasi cosa si trovi sul suo cammino. Individui di H. carunculata sono stati infatti osservati consumare ricci di mare (Paracentrotus lividus), gorgonie gialle (Eunicella cavolinii), spugne, coralli duri (tra cui Cladocora caespitosa), attinie (come Anemonia viridis, Actinia equina), stelle marine. Persino l’inappetibile nudibranco Cratena peregrina e il coriaceo chitone Chiton olivaceus non sfuggono all’insaziabile Vermocane! Senza considerare il fatto che fanno razzia di organismi morti e in decomposizione sul fondale.

Le motivazioni dietro la sua espansione sono ancora in fase di studio. Le ipotesi avanzate puntano il dito contro il riscaldamento globale che sta causando un innalzamento della temperatura del mare, specialmente nel periodo estivo. Zone a temperature più basse che un tempo erano interdette a specie termofile, cioè amanti del caldo, come il Vermocane sono diventate negli ultimi anni più accessibili proprio a causa dei cambiamenti climatici in atto. Gli studi sulla distribuzione e i potenziali impatti che l’espansione di questa specie può avere sulle comunità bentoniche delle coste mediterranee sono solo all’inizio. Tuttavia, le premesse non sono entusiasmanti: i Vermocani sembrano, infatti, avere effetti negativi sulle popolazioni di corallo mediterranee, sia a causa della diretta predazione ma anche indirettamente, fungendo da serbatoio invernale per patogeni che causano lo sbiancamento dei coralli.

Non solo, i Vermocani rappresentano anche un potenziale pericolo per subacquei e apneisti! Se inavvertitamente toccato, le setole (o, più correttamente, chete) di H. carunculata, ovvero i filamenti bianchi ben visibili ad occhio nudo, possono essere usati come arma di difesa e penetrare la pelle, generando una sensazione di dolore e bruciore immediati. Sembra che questo sia dovuto non solo ad un’azione meccanica di questi stiletti ma anche alla presenza di un composto chimico tipo complanina, in grado di scatenare una reazione infiammatoria. In caso di incontri ravvicinati con un Vermocane, il trattamento consigliato è quello di rimuovere le chete con del nastro adesivo e applicare aceto e acqua calda sull’area. Ovviamente, in questo modo il Verme di fuoco non scoraggia solo gli esseri umani dal toccalo ma anche potenziali predatori!

E se tutto ciò non bastasse, esperimenti di laboratorio hanno dimostrato che i Vermocani, così come molte altre specie di anellidi, sono in grado di rigenerare parti danneggiate del proprio corpo. Quando letteralmente affettati a metà, esemplari di H. carunculata erano in grado di rigenerare il segmento posteriore del proprio corpo nell’arco di alcune settimane.

Un vero e proprio super animale, armato, resistente e con un’altissima capacità di adattamento alle diverse situazioni ambientali. Una specie che necessita ancora di essere studiata, soprattutto per le implicazioni che la sua espansione potrebbe avere sull’intero ecosistema.

Eleonora Re

Istruttrice subacquea e biologa marina del Diving Center Ustica.

2 Commenti

  • mi chiedo: ma non dovremmo fare qualcosa? per esempio consigliarne la rimozione manuale a tutti i subacque che frequentano l’isola? a me è capitata una cosa simile ai caraibi con il pesce scorpione: tutti i subacquei venivano sensibilizzati dal divemaster a informarlo in caso di avvistaento durante l’immersione. lui munito di fiocina li catturava e li portava fuori dall’acqua.

    Max Sanzo,
  • In pratica,anche se ci si avvicina involontariamente il vermocane spara in acqua tante microscaglie simili alla Lana vetro visibili solo controluce che provocano incarnamento delle unghie mani e piedi con Piaghe e puss.
    (Esperienza personale di sub esperto apneista)

    attilio bruni,
  • Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *